Seleziona una pagina

Capitolo I

Sono la quartogenita di due opposti. Così opposti che stanno insieme da una vita.

I primi vagiti non li ho emessi appena venuta alla luce: il trauma del distacco è stato tale che ho ben pensato di ingurgitare del buon liquido amniotico prima di uscire allo scoperto. Da allora respirare e deglutire in santa pace non lo reputo un fatto per niente scontato.

Ma di buona aria e di cibo sano ho avuto tempo per nutrirmi, crescendo in campagna nell’alta padovana. La forza dell’unione famigliare, il rispetto per la terra, la curiosità per il saper fare e il senso di meraviglia per le piccole cose sono l’eredità senza prezzo della mia infanzia.

Capitolo II

Ho scoperto gioie e dolori della scrittura molto presto. Un po’ per inclinazione personale, un po’ per la fortuna di aver incontrato insegnanti illuminati, che mi hanno trasmesso l’amore per il testo come espressione codificata dell’irripetibilità personale.

Questa luce ha guidato i miei passi, dall’abbondante rigurgito spontaneo iniziale, alla sperimentazione della sintesi poetica.

Ma si sa: più ti addentri in una materia, più ti accorgi che c’è ancora troppo che ti sfugge. Un concetto socratico che ritrovo espresso con tutta l’irrequietezza dell’uomo contemporaneo nelle parole dello scrittore Philip Roth, nel suo celebre capolavoro Pastorale americana:

Scrivere ti trasforma in una persona che sbaglia sempre. La perversione che ti spinge a continuare è l’illusione che un giorno, forse, l’imbroccherai. Che cos’altro potrebbe farlo? Fra tutti i possibili fenomeni patologici, questo è uno che non ti rovina completamente la vita.

Ancor mi chiedo che idea avesse di scrittura la professoressa di Lettere di IV ginnasio, che un giorno profetizzò dalla cattedra: «Voi sarete coloro che scriveranno bene in italiano», con un tono che mi parve tra il pretenzioso e il sibillino.

Certo è che il suo approccio purista e pedissequamente ancorato alla norma non è riuscito a spegnere la luce. Anzi, anche quello è stato un piccolo mattone in grado di influenzare l’architettura di queste stesse righe.

Capitolo III

Quando mi sono iscritta alla Facoltà di Lettere (indirizzo Lettere classiche), pressoché tutti credevano che la mia strada fosse già tracciata nel mondo dell’insegnamento.

E avevo finito per crederci anch’io, inizialmente. Ma proprio negli anni in cui la vastità del sapere accademico iniziava a invilupparmi tra le sue affascinanti pieghe, lo spirito artigiano del “fare” e del “creare” che avevo respirato fin da bambina mi richiamava a sé con forza autentica.

Così, pur folgorata sulla via di Palazzo Maldura a Padova da una delle più belle discipline per me esistenti – la linguistica, ovvero la scienza del linguaggio -, cominciavo a muovere i primi passi nel ramo della comunicazione aziendale.

Dopo le prime esperienze come addetta all’ufficio stampa e redattrice di contenuti, avviavo la libera professione, collaborando con agenzie web e aziende in qualità di copywriter e scrittrice freelance.

Mi piace pensare a quel che faccio come a un lavoro di artigianato: allo stesso modo in cui mio padre trasforma il legno in creazioni uniche e funzionali, partendo dalla profonda conoscenza di colore, profumo, resistenza della materia prima… Così io utilizzo le parole e le strutture della lingua per elaborare storie e testi costruiti su misura.

Capitolo IV

D’altra parte ciò che faccio per vivere non è poi così diverso da ciò che vivo per fare: la cercatrice dell’oro poetico. Una rarità che può essere ovunque, laddove è la bellezza dell’atto creativo e ogni emanazione originale della natura o della cultura nel suo senso antropologico.

La poesia travalica il testo letterario, trovando in esso una delle espressioni allo stesso tempo più e meno accessibili in assoluto: il mezzo linguistico la fa emergere, rendendola a tutti vicina, ma paradossalmente da pochi compresa e apprezzata.

Sono stata allenata in prima persona a questa ricerca dagli studi umanistici e musicali, oltre che dall’esercizio della scrittura. Una ricerca che ho provato a condividere e trasmettere durante l’incarico di Assessore alla Cultura nel mio Comune d’origine.

Ma anche le relazioni e il modo in cui ho cercato di viverle hanno fatto la loro parte; prima fra tutte il grande amore per mio marito: un ingegnere di formazione tecnico-scientifica con una forte sensibilità per le parole e la cultura… Come potevo non innamorarmi di costui?!
Questo spazio gli spetta di dovere, oltre a un ringraziamento per avermi sempre sostenuta e spronata a migliorare e approfondire le mie passioni.

E tu, visitatore che qualcosa vai cercando in queste pagine, concedimi infine questa citazione dannunziana, che mi piace interpretare anche al di là dei risvolti autocelebrativi che l’hanno certamente ispirata all’autore esteta e “superuomo”:

Bisogna fare della propria vita come si fa un’opera d’arte.

Mi trovi tra emozione e razionalità, tra gusto classico e sperimentazione.